maggio 2025

1410 maggio 15, Venezia, in ducali palatio.

Lettera responsiva di Michele Steno, doge di Venezia, agli ascolani per il tramite di fra Tommaso dell’ordine degli agostiniani oratore della città, con la quale concede che tutti gli ascolani possano liberamente andare a Venezia e fare Lettera responsiva di Michele Steno, doge di Venezia, agli ascolani per il tramite di fra’ Tommaso dell’ordine degli agostiniani oratore della città, con la quale risolve alcune precedenti controversie e concede che tutti gli ascolani possano liberamente andare a Venezia sostare e fare commercio ed, in caso di indebitamento di una delle due parti, nell’esercizio dello scambio delle merci, garantisce l’equità di trattamento sia per gli ascolani che per i veneziani come consuetudine già consolidata.

Il documento che presentiamo questo mese è una lettera responsiva da parte del Doge di Venezia Michele Steno ai cittadini ascolani. È un documento del 1410 e fa parte dell’archivio diplomatico del Comune di Ascoli Piceno anche detto Archivio Segreto Anzianale che fu riordinato, a inizio Ottocento, da padre Luigi Pastori un agostiniano che divise le 756 pergamene ordinandole per materia.

La pergamena, con segnatura archivistica M/III/2 è di dimensioni ridotte (354×287 mm) senza sigillo che doveva essere accluso al documento e di cui restano solamente i segni, quattro fori nella parte in basso a destra, in corrispondenza delle pieghe  applicate al documento che solitamente recapitato a mo’ di plico tanto che nel verso della pergamena, il cosi detto lato pelo, sono ancora presenti l’intestazione del mittente a cui spettava la comunicazione, in caratteri coevi al documento presente sul recto, e una piccola spiegazione dell’argomento trattato “Hic ducis venetianorum in quibus fecit salvamconductus Asculanos”, in basso a sinistra una nota di cancelleria. Sul recto il documento si presenta con scrittura ben calibrata disposto su 15 righe tutte nella metà in alto della pergamena mentre più in basso è presente la datazione in forma topica e poi cronologica secondo il metodo dell’indizione (periodo cronologico di 15 anni, adottato nei computi pubblici e privati per tutto il Medioevo). Poche le licenze artistiche e gli svolazzi dello scrittore ad eccezione del nome del doge Michael spostato più a sinistra con capolettera di dimensioni maggiori e pochi altri abbellimenti presenti solo nei confronti dei destinatari del documento ovvero gli Spectabilibus Antianis Comuni Esculi tutti con lettera maiuscola più elaborata rispetto ai restanti caratteri. Due lacune sono presenti tra l’ottavo ed il nono rigo le quali, per fortuna, non compromettono la leggibilità del documento. Da notare la presenza dei gemipunctus prima del riferimento agli Anziani del comune di Ascoli composto da tre puntini al posto dei soliti due punti in orizzontale. Altra caratteristica estrinseca del documento è la scrittura dai caratteri tipici del gotico corsivo cancelleresco, una variante della scrittura gotica in uso soprattutto tra il XIII e XV secolo nelle cancellerie ufficiali dell’Italia settentrionale, come quella della Repubblica di Venezia, ad opera di notai, segretari e funzionari pubblici, con caratteristiche tipiche come: le lettere strette e allungate, legature tra lettere, uso di abbreviazioni molto frequenti e codificate tramite la presenza di lineette sopra le parole ad eccezione, in questo caso, del termine universitsates insolitamente reso con urates.

Le parti del documento, ovvero i suoi caratteri intrinseci, sono: l’intitulatio, l’inscriptio, salutatio, narratio, dispositio e le clausole finali. L’intitulatio ci presenta l’autore del documento che è il doge di Venezia Michele Steno, l’inscriptio, ovvero i destinatari, nel caso dativo, sono gli spettabili ed egregi uomini Anziani del Comune di Ascoli ai quali il doge porge il suo sincero augurio di salute e dilezione (la salutatio). Segue poi la narratio in cui ci viene spiegato che il presente documento è scritto a seguito di alcune discordie avvenute in precedenza tra gli ascolani e i veneziani (riportate in un altro documento presente nello stesso fascicolo M dell’Archivio Segreto Anzianale cfr. M/III/1) a causa di un furto di biade subito da un cittadino di Leonessa nelle vicinanze della Chiesa di San Nicolò al Tronto di pertinenza della giurisdizione di Venezia. Quindi latore della composizione della discordia tra veneziani ed ascolani è l’oratore fra’ Tommaso dell’ordine degli agostiniani di Ascoli che porta il messaggio del doge in cui si confermano i buoni rapporti sempre intercorsi tra le due città e la possibilità per entrambi i cittadini delle rispettive località di viaggiare tra le due città, di soggiornarvi e mercanteggiare con la garanzia che gli eventuali debiti contratti dall’una e dall’altra parte, nell’espletare gli scambi commerciali, verranno sempre soluti (clausole finali) il tutto corroborato dalla sincerissimam dispositionem et voluntatem nostram erga vestram ovvero un vero e proprio rapporto di stima e fiducia. Il documento termina con la datazione nelle due forme topica e cronologica, il luogo in cui viene sottoscritto è il palazzo ducale veneziano, il giorno il 15 del mese di maggio e secondo la datazione dell’indizione ricade il terzo anno (su di un ciclo, come precedentemente detto, di 15 anni a partire dal primo anno dell’Impero romano).

Come già accennato, la pergamena fa parte del terzo fascicolo della lettera M, secondo l’ordine dato da Luigi Pastori ad inizio Ottocento. In questo fascicolo l’agostiniano aveva raggruppato tutti i documenti provenienti da Venezia e rivolti alla comunità ascolana, a testimonianza del fitto scambio di rapporti tra le due città; infatti le otto pergamene che vanno dal 1406 al 1594 sono a firma di vari dogi veneti tra i quali il già citato Michele Steno ma anche Francesco Foscari, Marco Barbarigo, Antonio Grimani e Pasquale Cicogna e testimoniano il continuo scambio di informazioni e rapporti tra le due comunità. Da notare come ritorni l’appartenenza all’ordine mendicante degli agostiniani sia da parte dell’oratore che si fa portavoce del doge di Venezia presso gli ascolani, fra Tommaso, sia di don Luigi Pastori che a inizio Ottocento lavora su gran parte degli archivi comunali tra i quali il già citato Archivio Segreto Anzianale e anche l’Archivio della famiglia Sgariglia, anch’esso “riordinato” per materia secondo la consuetudine dell’epoca. Gli agostiniani furono il terzo ordine mendicante ad arrivare nella città di Ascoli, dopo francescani e domenicani, e si stabilirono non molto lontano dal convento francescano, in quella che oggi chiamiamo, appunto piazza sant’Agostino dove sorge la chiesa con annesso convento, che oggi ospita la biblioteca, ma che all’epoca era un centro di studio molto importante.

Il rapporto tra Ascoli e Venezia inizia molto presto ma la prima testimonianza documentale presente in Archivio è un accordo commerciale presente nel Quinternone, il liber iurium del comune di Ascoli, datato 1326 (cfr. docc. nn. 239 e 240) e testimonia il ruolo economico che la città del Tronto aveva assunto a partire dal Duecento in avanti. I mercanti veneziani erano liberi di muoversi in tutto il territorio ascolano e gli ascolani potevano esportare manufatti e prodotti locali nella laguna veneta. Un accordo di questo genere faceva presuppore un forte interesse da parte dei veneziani nelle attività manifatturiere di Ascoli non di sicuro nell’accaparramento di derrate alimentari di cui la città del Tronto era deficitaria. I mercanti veneziani erano interessati a quelle produzioni ascolane di tessuti non di grande pregio, fatte di lana e cotone ma anche canapa e lino, che erano molto diffuse nel territorio, e che potevano esportare nei territori del Regno di Sicilia ed in particolare in Puglia dove i veneziani li avrebbero scambiati con il grano, la lana e le pelli da rivendere agli ascolani per approvvigionarsi. L’industria manifatturiera ascolana è testimoniata da numerose fonti, prima fra tutte, gli Statuti del Popolo del 1377 dove si attesta la presenza di lavoratori, riunitisi in arte, che lavoravano e tinteggiavano il cotone grazie anche alla presenza di mulini nella zona di porta cartara. Mulini che già dal 1281 furono acquistati dal Comune di Ascoli Piceno come riportato nel registro n. 41 del fondo dell’Archivio Storico comunale oggetto di un recente studio.

Punto nevralgico e fondamentale di questa primordiale industria medievale fu il porto che già a partire dal 1245 fu concesso da Federico II agli ascolani, creando non pochi attriti e rappresaglie con i fermani il cui dominio si estendeva fino alla foce del fiume Tronto, ma che solo nel 1323 vide la sua realizzazione grazie alla bolla papale di Giovanni XXII che da Avignone concesse la costruzione del tanto desiderato porto che permise il fiorente scambio di maestranze, artisti (si pensi a Carlo Crivelli) e merci.

Ma di questo se ne darà conto nel prossimo documento….

FONTI ARCHIVISTICHE

ASAP, ASCA, Archivio Segreto Anzianale, pergamene fascicolo M/III/1 e 2, e A/II/1.

ASAP, ASCA, Quinternone reg. 40, docc. 239, 240.

BIBLIOGRAFIA

PINTO G., Ascoli Piceno, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2013, pp. 76-80.

FABIANI G., Ascoli nel Quattrocento, vol. I, Ascoli Piceno, 1951, pp. 319-326.

BORRI G., Il Quinternone di Ascoli Piceno, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2013, pp. LII-LIV.

TEDESCHI E., I contratti dei mulini acquistati dal Comune nel 1281, Ascoli Piceno Archivio di Stato 2022.


Michael Steno dei gratia dux venetiarum etc. Spectabilibus et egregiis viris Antianis et Comuni civitatis Esculi amicis dilectis salutem et sincere dilectionis affectum. Literas vestras nuper admisimus bono sinceritatis affectu continentes qualiter intellexeratis vestrum dominum pro vestris civibus represalias edixisse requirentes ut in civitate nostra mercari valeatis quod tales represalias aboleri faciamus. Nam si quis [mercatum] aderit jus habens contra universitates qui ad civitatem vestram aut vadat aut mittat juris debitum consequetur etc.

Intelleximus quoque circa hanc materiam verbo expositam per venerabilem fratrem Thomasium ordinis sancti Augustini oratore, vestrum. Quibus cum solemnitate consiliorum nostrorum exhibemus responsum quod considerata sincera benevolentia quam comitati vestre gessimus temporibus retrolapsis que nos semper ad comoda benivolentie vestre promptissimos induceret volumus et contenti sumus quod omnes cives vestri cum eorum mercantiis et bonis cum omni securitate possint Venetias accedere moram trahere mercari et inde recedere exercendo facultates suas ad sue libitum voluntatis iuxtam bonas antiquas consuetudines absque molestia vel impedimento quocumque. Verum si aliquis ex universitatibus esset debitor alicui nostro civi vel econtra si quisquis [nostri] vestratibus debitor esset fiat ius et iusticia habere debentibus sicut debetus per debitum equitatis. Et si aliquis nostratum [sic] hactenus damnificatus fuisset per cives esculanos aut comunitatem vestram pro quo iam fuisset represalia aliqua ordinata prout clarius appareret circa casum fuisse concessum et provideatur per comunitatem vestram amicabiliter et quiete quod tales damna passi habeant bona sua seu satisfatcionem condignam. Nec autem amicitiis vestris voluimus nota facere ut sincerissimam dispositionem et voluntatem nostram erga vestram nobilitatem cognoscatis.

Data in nostro ducali palatio die XV maiii indictione tertia MCCCCX